È difficile pensare a un autore più amato, letto e riconosciuto nel mondo come Stephen King. Eppure, proprio lui è oggi il più censurato d’America.
A dirlo non è una provocazione, ma un report ufficiale di PEN America, secondo cui 87 suoi libri sono stati rimossi o limitati in oltre 200 casi nel solo anno scolastico 2024–2025. Un dato che ha dell’incredibile, soprattutto se si pensa alla varietà dei suoi scritti: dal classico Carrie a The Stand, passando per storie che hanno fatto la storia della letteratura horror e non solo.
La reazione dello scrittore non si è fatta attendere. Con la solita ironia pungente, King ha commentato sui social: “Ora sono l’autore più bandito degli Stati Uniti: 87 libri. Vi suggerisco di prenderne uno e scoprire di cosa si lamentano tanto”. Un modo diretto per invitare alla lettura e alla riflessione, piuttosto che cedere alla censura.
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Dietro la decisione di rimuovere i suoi libri c’è una crescente tendenza, soprattutto in alcuni stati americani, a limitare l’accesso a contenuti considerati “non adatti” ai giovani. Ma chi decide cosa è adatto e cosa no? E soprattutto, si può davvero educare togliendo la complessità invece che affrontandola?
Tra paure e moralismi: perché i suoi libri vengono banditi
Ma cosa spinge tante scuole a mettere al bando i libri di Stephen King? Le motivazioni variano, ma spesso si tratta di accuse legate a contenuti ritenuti troppo violenti, disturbanti o legati a temi come la sessualità, la morte, la psicologia o l’identità. In altri casi, sono semplicemente storie considerate “scomode” o troppo crude per un pubblico giovane. Il problema, però, è che questi libri vengono spesso rimossi preventivamente, senza neppure una denuncia concreta. Una forma di autocensura, insomma.
Gli stati più attivi in queste rimozioni? Florida, Texas e Tennessee, dove leggi recenti permettono alle scuole di agire in modo veloce, e a volte poco trasparente, per “proteggere” gli studenti. In molti casi, basta una segnalazione o il timore di una possibile protesta da parte dei genitori per far sparire un titolo dalle biblioteche scolastiche.

E sebbene la letteratura per ragazzi debba certamente tener conto dell’età, c’è una differenza enorme tra protezione e censura. I libri di Stephen King, nel bene o nel male, parlano anche di paure reali, di adolescenza, di disagio, di crescita. Togliere questi libri può voler dire togliere ai ragazzi anche un’occasione di riflessione.
La risposta di King e il rischio di un mondo con meno storie libere
Stephen King non è nuovo a polemiche, e forse anche per questo riesce a reagire con intelligenza e lucidità. Ma dietro il sarcasmo delle sue parole c’è un messaggio chiaro: censurare la letteratura è pericoloso, soprattutto quando si inizia a eliminare tutto ciò che “disturba” o mette in discussione.
Il vero rischio, infatti, è che queste scelte contribuiscano a costruire un mondo dove si leggono solo libri comodi, “puliti”, rassicuranti, ma spesso vuoti di significato. La grandezza della letteratura sta anche nella sua capacità di scuotere, di provocare, di accendere domande. E chi meglio di King, maestro nel raccontare le ombre dell’animo umano, può offrire ai giovani lettori una lente con cui osservare quelle parti del mondo (e di sé) che altrimenti resterebbero inascoltate?
Alla fine, la domanda non è solo “perché censurare King”, ma che tipo di cultura vogliamo trasmettere alle nuove generazioni. Una cultura che insegna a pensare… o a non farlo?